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Zeus News Ospite
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{V.Corradi} Ospite
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Inviato: 21 Set 2016 00:01 Oggetto: |
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Condivido la disamina della Corte lussemburghese ma invito a ragionare su una problematica oggettiva che comunque dovrebbe consigliare maggiore cautela nel concedere la propria rete wi-fi a chiunque. Poniamo che dalla connessione di un Hotel venga generato da un burlone un procurato allarme (o peggio un vero crimine). La Polizia Postale è alla porta di quell'Hotel che andrà a bussare ed i primi indiziati saranno evidentemente i Clienti registrati in quel frangente. Come pensiamo che potrà reagire un rispettabile uomo d'affari nel vedersi coinvolto in un'indagine e magari, ne casi più gravi, trovarsi iscritto nel registro degli indagati ? Minimo non tornerà più in quell'Hotel e sicuramente non gli farà una buona pubblicità. Se poi è particolarmente irascibile una qualche azione risarcitoria magari la tenta. |
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Zio_LoneWolf Semidio
Registrato: 18/05/16 09:00 Messaggi: 207
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Inviato: 21 Set 2016 13:34 Oggetto: |
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Io invece non condivido affatto la seconda parte.
Tanto per cominciare, è assolutamente contraria al punto di vista espresso dall'avvocato generale dell'UE, ma sorvoliamo.
Secondo la Corte di Giustizia, un esercente che svolge una qualsiasi attività non informatica, mettendo a disposizione un wifi pubblico, a seguito di un'attività sospetta secondo un "detentore di diritti" può vedersi imposto l'obbligo di mettere in piedi un controllo di accesso alla rete.
Uno dice: "attivo la password del router"... e invece no. Le successive considerazioni sulla deterrenza costituita dalla registrazione dell'utente per mezzo di un documento di identità e sulla tracciabilità dell'attività in rete implicano che non solo non basta la password del router, ma non è sufficiente nemmeno il captive portal che mettono a disposizione i router di fascia alta.
Occorre mettere in piedi un sistema di registrazione degli utenti, con credenziali differenziate per ciascuno di essi e di durata predefinita, con un sistema di log che tenga traccia dell'attività svolta da ciascuno di essi.
Sono evidenti i problemi di privacy, aggravati dalla necessità di conservare i dati della navigazione per un tempo prolungato (quanto?).
Vi ricorda nulla? Perché 'sto film, in Italia, l'abbiamo già visto... e sappiamo com'è finita.
E tutto questo in capo a qualcuno che non fa della fornitura della connettività la sua attività principale, e manco un ramo collaterale - dunque, probabilmente non sarà in grado di gestire un simile sistema - e che dovrà di conseguenza affidare a qualche specialista, con aggravio di costi. Ma chi glielo fa fare?!?
E infine, l'articolo manca di riportare che, secondo la Corte di Giustizia, le spese legali relative all'ingiunzione che obbliga l'esercente a "diventare un provider" possono essergli addebitate, in pieno contrasto con la sentenza che invece esclude ogni sua responsabilità.
Tutto ciò a seguito di un sospetto di violazione del copyright da parte di gente che è stata capace di chiedere con questa motivazione a Google di oscurare pagine del propro stesso sito ufficiale...
In un momento, tra l'altro, in cui - come dicevo - l'avvocato generale ha espresso tutt'altro orientamento, e l'UE sta lavorando su direttive che prevedono di incentivare al massimo la diffusione del wifi pubblico.
Questi o sono schizofrenici, o si sono lanciati nell'ennesimo esercizio di difesa estrema ad oltranza delle rendite parassitarie. |
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{umnie} Ospite
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Inviato: 24 Set 2016 11:42 Oggetto: |
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La seconda parte della sentenza della Corte di Giustizia ('giustizia'? gliel'ha detto qualche Dio che sono giusti o se lo sono detto da soli?) ha per me radici più profonde e oscure ed è probabilmente ispirata ad un'ottica di controllo totalitaristico che da decenni si sta rafforzando sempre più. |
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Gladiator Dio maturo
Registrato: 05/12/10 20:32 Messaggi: 12828 Residenza: Purtroppo o per fortuna Italia
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Inviato: 01 Ott 2016 18:05 Oggetto: |
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Quoto in toto Zio_LoneWolf, comunque la ragione giusta della sentenza contraddittoria è secondo me la seconda dell'ultima riga del post... |
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