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* il gioco del nonno
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madvero
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Residenza: Ero il maestro Zen. Scrivevo piccole poesie Haiku. Le mandavo a tutti via e-mail.

MessaggioInviato: 08 Feb 2006 01:17    Oggetto: * il gioco del nonno Rispondi citando

occorrente:

- un block notes
- una penna
- un nonno (o una nonna)

modalità di partecipazione:

- chiedere al nonno di raccontare qualcosa, meglio se inerente al suo passato
- prendere appunti
- postare in questo thread il racconto del nonno

scopo del gioco:

- far compagnia per mezz'oretta al nonno
- far capire ai nonni che i giovani non sono tutti degli inutili perditempo che pensano solo al cellulare e alla playstation
- far capire a madvero che cos'è un nonno e a che cosa serve (madvero non ne ha mai avuti, anche se ricorda vagamente un'anziana e simpatica signora con il "tummulu" in mano)

postille:

- se ci sono dei nonni qui in giro, possono partecipare al gioco direttamente
- chi vuole partecipare pur non avendo un nonno, può tranquillamente intervistare il nonno di qualcun altro
- si possono postare più storie
- se raccogliamo abbastanza racconti, possiamo creare un e-book da distribuire gratuitamente online e offline


L'ultima modifica di madvero il 10 Mag 2008 15:09, modificato 2 volte
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dr.K
Dio maturo
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Residenza: di fronte a TRE ragazze olandesi appena arrivate!!!

MessaggioInviato: 08 Feb 2006 02:33    Oggetto: Rispondi citando

Purtroppo un nonno non l'ho mai conosciuto, altri due sono già morti, la nonna paterna in vita è in pieno alzheimer, vive in un'altra città e quando ci vediamo credo mi scambi per qualcuno che ha conosciuto in gioventù (mi dà del "lei").

Conservo ricordi bellissimi dei miei nonni paterni: Sandro e Letizia.
Il nonno Sandro era un inguaribile goliarda: filastrocche oscene, amore per le barzellette, il vino e le "zingarate" con gli amici della sua gioventù, una cultura sulla Storia vastissima. Suo il merito (e la ricerca fatta di persona negli archivi parrocchiali del Nord Italia) di aver ricostruito l'albero genealogico della mia famiglia - conservo in casa un atto notarile del 17 maggio 1820 in cui si attesta il prestito concesso dal mio antenato (pavese) ad un tizio proveniente dal Regno di Sardegna e stilato in Stradella (allora nel Ducato di Parma e Piacenza); somma: 1200 lire.
Nonno Sandro perse un occhio a 12 anni a causa di una stecca di ombrello usata come freccia durante una "battaglia" tra cowboys e indiani. Malgrado questo, un figlio e un altro in imminente arrivo, partì volontario per l'Albania. Una volta tornato, capì che le cose non andavano per il verso giusto e durante la Resistenza sottraeva i moduli d'identità dal comune di Stradella, dov'era impiegato, per aiutare partigiani e fuggiaschi senza documenti. Continuò comunque a votare a destra e ricordo ancora le litigate "politiche" domenicali. Grande nonno!

Nonna Letizia è nata a Fiumicello, in Friuli, negli anni '20. Aveva 13 fratelli, molti dei quali morti giovani di meningiti e influenze. Suo padre aveva un po' di terra propria (un benestante, per l'epoca) e suonava il basso tuba nella banda municipale (compare in una foto di un calendario storico edito dal comune di Fiumicello negli anni '90). Diventò un "mangiapreti" dopo la morte della moglie, tanto che impediva ai figli di andare a messa la domenica; siccome a Fiumicello andare a messa era come fare l'aperitivo o andare in discoteca, mia nonna e le sorelle ci andavano di nascosto.
Un giorno suo fratello Ellio (con due "elle") cominciò a farneticare, poi cadde in preda di una febbre inspiegabile. Dopo il medico chiamarono "la strega" del paese (il Friuli ha una lunga storia di streghe e stregoni) la quale sentenziò che era opera del diavolo. Sollevarono il materasso di Ellio e trovaro una corona di rovi, spine e chiodi quasi completata. Portarono tutto nell'aia e diedero fuoco: la nonna dice di non aver mai visto fiamme così alte. Il giorno dopo il fratello stava meglio e non ricordava nulla.
Credo che tutto il racconto vada contestualizzato nella cultura contadina friulana e nella memoria di fatti raccontati parecchi decenni dopo gli avvenimenti.
Un'estate (o primavera a Pasqua) dei primi anni '80 mi trovavo con la nonna e le mie due sorelle nella casa elbana dei miei zii. La casa si trovava su un poggio nell'interno dell'isola. Seguivamo la nonna nella sua opera di sradicamento dei rovi nei campi intorno alla casa quando all'improvviso ci trovammo faccia a faccia con una cinghialessa e i suoi piccoli. Un confronto alla pari... Le due femmine si guardarono negli occhi per qualche istante, immobili, poi la nonna afferrò il bastone avventandosi urlante contro l'animale, mettendolo in fuga.
E' veramente triste, oggi, vedere come la sua mente sia completamente altrove...

Ed è veramente un peccato e un rammarico, per me, non aver raccolto maggiori testimoniantze di queste persone che hanno visto cambiare L'Italia e il mondo durante il secolo scorso.

E scusate la lungaggine del mio post...
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madvero
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MessaggioInviato: 08 Feb 2006 02:46    Oggetto: Rispondi citando

il tuo post è assolutamente fantastico, altro che lungo, a me sembra concisissimo !!! spero che i prossimi contributi siano come il tuo: uno spaccato storico di una vividezza e una spontaneità da fare invidia ad una fotografia.
grazie di cuore.
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brain
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MessaggioInviato: 08 Feb 2006 10:25    Oggetto: Rispondi citando

i miei nonni.....
una romana sposata con un pugliese, e una coppia di napoletani.
il pugliese l'ho visto 4 o 5 volte in tutta la mia vita. quando mia madre, ancora giovanissima, resto' incinta di me lui la caccio' di casa. e anche se mia madre lo perdono' quando stava per morire io non l'ho mai perdonato, cosi' come non ho mai perdonato la moglie (l'unica vera romana della mia famiglia) per non aver tirato giu il mondo e aver costretto il marito a fare la pace con la figlia.....
cmq questi due nonni sono morti, e, non so il perche', quando mia nonna e' morta mia madre e' stata male. a me e' dispiaciuto solo che mia madre e' stata male, mentre per quell'anziana signora non ho provato nulla. quando e' morta la signora che abitava al secondo piano, una signora che ho conosciuto per vent'anni, sono stato piu' male.
i nonni napoletani invece.......
erano i miei preferiti. allora, nonno e' morto quando io avevo 12 anni mi sembra, e ho un ricordo che oramai e' piu' frutto della mia fantasia piuttosto che della realta'.
quando era ragazzo mio nonno era ricco, possedevano una fabbrichetta a napoli, pero' il padre di mio nonno aveva un problema con donne e cavalli, e fini' per perdere tutto. durante la guerra mio nonno fece il pazzo, anche perche' il fratello fu ucciso non mi ricordo dove, e scappo' in bicicletta a roma. era gia' fidanzato con la nonna, che nel frattempo si era trasferita in provincia di frosinone, dove passo' gli anni della guerra per poi tornare a napoli e sposarsi col nonno.
si trasferirono a roma e il nonno apri' un negozio da calzolaio. inizio' con zero e quando mori' lascio' un negozio per ogni figlio (solo ai figli maschi, perche' alle figlie avrebbe dovuto pensare il marito.)
era abbastanza violento, mezzo alcolizzato, ma tutto sommato gli volevo bene, anche perche' ancora non avevo un'eta' per capire tanti dei suoi comportamenti.
invece la moglie, nonna titina, e' ancora viva, e col cervello per fortuna ci sta tutta. non condivide quasi tutte le mie scelte, andarmene dall'italia, convivere senza sposarmi, non avere figli, e ogni volta che scendo a roma e la vado a trovare appena si toccano questi argomenti, e si toccano ogni volta, lei mi dice che non gli piace come la penso e meglio se cambiamo argomento, iniziando a parlare del tempo, o della telenovela che guarda al momento.

miezzeca avevo pensato di postare giusto due righe, ma.....
e' impossibile parlare dei nonni con poche parole.

effettivamente ci sono qui nel forum dei nonni....ce ne e' una....come si chiama....aaaaaahhhh siiiii REBELIA. Mr. Green
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madvero
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MessaggioInviato: 08 Feb 2006 10:32    Oggetto: Rispondi citando

brain grazie mille anche a te per tutto quello che hai scritto: comincio a farmi un'idea di che cosa possa essere un nonno...
rebelia è nonna? adesso le rompiamo le scatole a tutti i costi perchè ci posti un raccontino !!! Mr. Green
dal canto mio, conto di fermare il primo vecchietto o la prima vecchietta chiacchierona che incrocio per strada, e postare qualcosa del tipo "quando ero giovane io, bla bla bla bla".
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Pier
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MessaggioInviato: 08 Feb 2006 16:33    Oggetto: Rispondi citando

Io non mi sono goduto molto i miei nonni, troppo piccolo io e già troppo anziani loro. Ho un ricordo distratto di quel pochissimo tempo trascorso insieme. Non ricordo nemmeno la data della loro nascita.
Mia nonna paterna l'ho conosciuta appena. Si chiamava Neves. Mio padre me ne parla come una donna con un cuore d'oro ma che non si lasciava andare a molte tenerezze, nè con lui da piccolo, nè con mia sorella. Con me non saprei. Se n'è andata quando avevo 5 anni.
Mio nonno paterno, Mentore, invece l'ho conosciuto un po' meglio ma solo superficialmente. Era una condanna per me, giovane, trascorrere i giorni dal nonno. Una noia mortale. Ed oggi rimpiango quei momenti. Se avessi avuto più pazienza forse ora potrei anche scrivere di più.
Mi raccontava sempre, con forte emozione, di quando era stato rinchiuso in non so quale campo di concentramento in Germania. Di notte andava a rubare il burro e il pane nella cucina del comando e li distribuiva ai compagni di block. Rideva quando mi sussurrava, quasi per non farsi sentire, che nessuno era mai riuscito a scoprirlo.
Mi raccontava di quando, tornato dalla Germania, nel paese dove vivevano, avevano scoperto un deposito in cui i nazisti stipavano di tutto. Alcuni compaesani più furbi avevano fatto razzia e guadagnato molti soldi vendendo vestiti e oggetti. Lui no. Regalava.
Lo consideravo stupido all'inizio. Oggi non più.

Da parte di mamma, invece, ho avuto la nonna fino all'anno scorso. Ma non ci andavo molto d'accordo. Litigavo sempre da bambino e fino a che era capace di intendere. Negli ultimi anni era immobile, nel letto, senza parlare a causa di una serie di ischemie cerebrali.
Il suo carattere molto chiuso e aggressivo era anche frutto della sfortuna e del dolore con cui ha dovuto convivere dall'età di 20 anni.
Suo marito, mio nonno, era partito per la Russia un anno dopo il matrimonio. Mia mamma non l'ha mai conosciuto. La nonna ogni tanto, ma raramente, ne parlava, ci raccontava di lui, ci leggeva le lettere che spediva dalla Russia, in cui raccontava del freddo, dei soldati e della vita (se così si può chiamare) che facevano.
Diceva che i nazisti rubavano le coperte agli italiani, facendoli morire congelati. Di quelle lettere mi è sempre rimasta nella memoria una frase in cui diceva "Siamo fortunati oggi, non c'è il sole ma fa più caldo di ieri. Ci sono solo -26°...ieri eravamo a -35°"
Poi le lettere cominciavano ad essere meno frequenti e buona parte del testo era cancellata dalla censura prima di essere recapitate.
Di lui ci restano queste poche cose, una foto ed una medaglia al valore.
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madvero
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MessaggioInviato: 08 Feb 2006 16:49    Oggetto: Rispondi citando

grazie mille anche a te, pier !!!
tutti i vostri racconti mi fanno riflettere molto sulle immense qualità morali delle persone che descrivete: sono persone con dei valori, degli ideali, gente che si è sbattuta attivamente per ciò in cui credeva.
sapete che se andiamo avanti così viene fuori un e-book fantastico?
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brain
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 09:54    Oggetto: Rispondi citando

credo che l'idea di affrontare quest'argomento e' stata geniale.
le storie semplicissime dei nostri nonni, si caricano di un calore tutto particolare.
forse perche' molti di loro non ci sono piu', oppure sono persone troppo anziane per potersele immaginare
Citazione:
...andava a rubare il burro e il pane nella cucina del comando e li distribuiva ai compagni di block

cmq, grazie a tutti per postare a questo 3d e grazie a mad per averlo creato...
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liver
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 10:26    Oggetto: Rispondi citando

La famiglia del mio babbo passò buona parte della seconda guerra mondiale in un paesino sulle prealpi veronesi, Càvalo, che ancora oggi è difficile da raggiungere.
Motivo: la Gestapo cercava mio nonno. So che ci furono fin là sopra numerose retate, ma il nonno si salvò sempre, perchè una staffetta lo avvisava sempre il giorno prima, e lui andava a nascondersi in una buca.

La staffetta era mandata da un capitano della Wermacht, di stanza a Verona.
Io ho passato tutta l'infanzia a raffigurarmi l'avo come il partigiano Bernard nell'"Ultimo metrò" di Truffaut, e l'amico tedesco come il capitano Renault di "Casablanca".

Poi ho scoperto che era ricercato per motivi ben più prosaici: aveva inculato un camion di sale ai nazi, per rivenderlo al mercato nero. E il capitano non era altro che il suo basista.
Di lui mi rimane il ricordo di un uomo allegro, ma malato. Se n'è andato poco più che sessantenne, ucciso dal decimo (o giù di lì) infarto.

Niente nonno partigiano, insomma. Niente icona con fazzoletto rosso al collo e parabellum in spalla. Solo un vecchio burlone, che scherzava sulla sua salute e mi ammoniva, di tanto in tanto, ad "ascoltare la musica".
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madvero
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 11:10    Oggetto: Rispondi citando

grazie mille liver...
il tuo racconto è un altro importante pezzettino del mio mosaico mentale.

ps: non tutti devono avere un nonno partigiano per forza, a me piacerebbe anche leggere di cose semplici e quotidiane, della vita di persone comunissime, di come le massaie andavano a fare la spesa e il bucato...

pps: se i racconti diventano una cinquantina, scappo con la farina del vostro sacco e vado a venderli ad un editore !!!
(ovvvio che scherzo, eh?)
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danielegr
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 14:36    Oggetto: Rispondi citando

Beh, io sono un nonno: ho due nipotine, una di 14 e l'altra di 3 anni. Non le vedo molto spesso perché una vive in Germania e l'altra in Toscana (io sono in Liguria - Ponente). Ma forse interessano di più i miei ricordi dell'infanzia.
Ecco, mi ricordo che, all'età di circa 10 anni, appena finita la guerra, andavamo a giocare in strada, al pallone. Il pallone raramente era un vero pallone, più spesso era un fagotto di stracci, o, meglio ancora, un 'tolino'. Per chi non fosse di Milano preciso che 'tolini' erano chiamati i tappi metallici delle aranciate o delle prime Coca Cola. Si cercavano due 'tombini' che fossero più o meno frontali, e quelli rappresentavano le porte (tombini erano quelle aperture sul bordo verticale del marciapiede, di grandezza pressappoco centimetri 30 x 10, che servivano per lo scolo dell'acqua piovana).
Le due squadre cercavano, seguendo le regole (si fà per dire...) del normale calcio di mandare il 'tolino' nella porta avversaria. Ovviamente il 'tolino' poi si perdeva (cadeva nella fognatura) ma tanto ne avevamo delle scorte immense...
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 15:54    Oggetto: Rispondi citando

Si sono in nonno autentico, originale e certificato (diffidare dalle imitazioni)
Come era Milano nel 1946 o giù di lì? Beh, certamente il mio parere è un po' viziato in male dal fatto che fosse appena finita la guerra e che quindi l'unica ricchezza che avevamo era la miseria. E' viziato in bene dal fatto che allora avevo 10 anni e tutta la vita davanti.
Abitavo in Via Leopardi, molto vicino al Parco Sempione e alla Stazione Nord. Uno dei miei passatempi preferiti era quello di andare a sedermi sul cavalcavia sopra le Ferrovie Nord e veder passare i treni, ma soprattutto vederli fare manovra. Il massimo era quando una locomotiva da manovra (antichissima già allora, avrà avuto un fumaiolo alto un metro) dopo aver sistemato i vari vagoni doveva invertire la marcia. C0era una piattaforma girevole sulla quale il macchinista fermava il suo trabiccolo, poi scendeva, estraeva una specie di leva che incastrava sulla piattaforma, e a sola forza di braccia facevo ruotare la locomotiva. Anche se sarà stato tutto ben oliato e su ciscinetti a sfere, doveva essere una bella fatica.

Lì vicino, proprio adiacente ai binari delle Nord c'era una strada che passava sotto al suddetto cavalcavia, e sui bordi della quale c'erano delle formazioni simil-rocciose, alte anche quattro o cinque metri, Per noi ragazzi era una pacchia immaginare che quelle formazioni fossero le vere Alpi e fare su di esse delle scalate che poi, nei nostri racconti, diventavano delle imprese alpinistiche di prim'ordine...
Davvero nnon conoscevate i 'tolini'? Sono stati il giocattolo preferito della nostra infanzia, usati come pallone, come corridore ciclista eccetera. Ogni bambino che si rispettasse aveva la sua collezione di tolini (i più richiesti erano, se ricordo bene, quelli del Campari Soda, i più svalutati quelli della Coca Cola).
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 16:01    Oggetto: Rispondi citando

[ot]
@danielegr
io ho 31 anni, ma mi riporti a quando avevo 5 o 6 anni e si campeggiava dalle parti di sperlonga, sul confine lazio campania, e si andava in giro per bar, gelaterie e si percorreva la spiaggia avanti e indietro alla ricerca dei tappi. se ci ripenso. avevo un sacchetto pieno, e a sera ci si scambiava i doppioni.
[/ot]

scusate non lo faccio piu'.
@mad
non mettere sta roba nell'e-book Wink
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 16:20    Oggetto: Rispondi citando

tranquilli, quando ci saranno tanti racconti, farò una specie di bozza e la posterò qui e tutti la potranno rimaneggiare, prima di fare la versione definitiva...

io ho 27 anni, e da piccola giocavo con le biglie grosse con dentro le fotografie (dei calciatori o dei ciclisti? non ricordo), ma niente giochi con i tappi.
però quando le vecchiette del cortile ci bucavano tutti i palloni e noi non avevamo più spiccioli sottomano per ricomprarli, giocavamo a calcio con palloni fatti da fogli arrotolati e tanto scotch da pacco.

daniele, se posti un raccontino al giorno non mi offendo mica, sai? Mr. Green
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 16:50    Oggetto: Rispondi citando

Non sarà facile rispolverare un ricordo al giorno, però intanto di provo a portarmi in vantaggio.
Subito dopo la guerra Milano era ridotta, come si può immaginare, ad un cumulo di macerie. Sorgeva quindi, oltre al problema della ricostruzione, anche il problema di cosa fare con quella massa di materiale non utlizzabile, mattoni rotti, persiane, finestre, mobili, calcinacci, rottami di vario tipo, residui dei bombardamenti. Qualcuno, non so più chi, penso il Sindaco di aloora (Avv. Greppi) ebbe una idea brillante. Perchè non riunire tutte queste macerie in un punto un po' fuori dall'abitato, portendocele con i camion delle imprese che avrebbero provveduto alla ricostruzione, coprirlo di terra e lasciar fare alla natura? Sembrava un'idea peregrina, però nessuno aveva saputo proporre niente di meglio.
Per noi ragazzi (a quel punto avevamo già 12-14 anni) era una sfida irrinunciabile andare in bicicletta fino a quel cumulo di terra sconnessa e sfidarci su quella specie di pista mal ridotta che serviva ai camion per portare in cima altre macerie da scaricare.
Oggi quel posto è noto come la Montagnetta di San Siro, alias QT8
Greppi (o chi per lui) aveva visto lontano.
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MessaggioInviato: 09 Feb 2006 16:58    Oggetto: Rispondi citando

che poi non e' altro che quello che fecero gli antichi romani che dal porto di ripa, se non sbaglio, rompevano i vasi con cui trasportavano oli e vini e spezie e chissa' cos'altro, e con i cocci diedero origine al "monte dei cocci".
sta' al testaccio, prima di arrivare all'ex mattatoio, e c'e' una pizzeria che ha scavato dentro il monte e coperto il tutto con un vetro e si possono vedere tutti gli strati di cocci.
bellissimo, e la pizza con i fiori di zucca che fanno e' fenomenale.
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MessaggioInviato: 12 Feb 2006 15:31    Oggetto: Rispondi citando

Un altro breve ricordo degli anni subito dopo la guerra:
Abitavo (forse l'ho già detto) a Milano in Via Leopardi. Era una strada molto tranquilla, passava un'auto ogni quarto d'ora quando c'era traffico. Una pacchia quindi per i ragazzi che potevano stare per strada quasi indisturbati a qualsiasi ora. Anche alla sera dopo cena eravamo in 'libera uscita', potevamo star fuori fino a che non si fossero accesi i lampioni stradali. Questo, in estate e con l'ora legale, indicava che erano pressapoco le dieci di sera, e quindi era l'ora di andare a nanna. E' strano, perché di violenza in giro ce n'era parecchia, violenza dovuta anche al fatto che fino a poco prima ammazzare la gente era quasi un atto meritorio, era anche il periodo in cui bande di rapinatori, mi ricordo quella di Bezzi e Barbieri, terrorizzavano Milano, però noi bambini e ragazzi avevamo lo stesso ampia 'libertà di manovra'.
Un altro dei passatempi preferiti era quello di andare a pattinare (pattini a rotelle, naturalmente; i roller in linea non erano neanche nella mente di Dio). Una pista ideale era la Via Revere, in pratica il proseguimento della via Leopardi, che aveva un asfalto particolarmente liscio e ancora meno traffico di quello della nostra via. Lì si svolgevano le nostre gare (vincevo abbastanza spesso) e, naturalmente, le nostre omeriche cadute con relative ginocchia sbucciate e contusioni varie. E non si poteva neanche andare a lamentarsi dalla mamma, per evitare altre ... contusioni, bisognava arrangiarsi da soli e leccarsi le ferite. Nè io nè i miei amici abbiamo mai avuto infezioni a seguito di quelle disinfezioni molto primitive.
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MessaggioInviato: 13 Feb 2006 13:52    Oggetto: Rispondi citando

Le scuole medie le ho fatte presso la Scuola Mameli, in Via Rivoli. Erano nello stesso stabile dell'Ist. Tecnico per Ragionieri Schiaparelli, che poi ho frequentato. Lo stabile è stato poi demolito per far posto al Piccolo Teatro, e questa è una di quelle cose che non ho ancora perdonato. Distruggere la MIA scuola!!! Va bene che, ai tempi, una delle mie più grandi aspirazioni sarebbe stata quella di mettere una bomba sotto la scuola, però era una cosa che avrei dovuto fare io, non una squadra di demolitori... (in seguito ho cambiato parere: mi sono accorto che volevo bene a quella scuola, a quei muri, a quei banchi e perfino a quei professori).
Tutta questa introduzione era per dire che, abitando in Via Leopardi, andavo a quella scuola (a piedi, logicamente. In quel periodo sarebbe stato ridicolo pensare ad un altro mezzo di locomozione) attraversando il Castello Sforzesco. Al ritorno invece, avendo un po' meno fretta, facevo il giro da Foro Buonaparte. E qui viene il bello: in Largo Cairoli c'erano sempre almeno due bancarelle di imbonitori (le Wanna Marchi dell'epoca: un po' più corretti però) e per me era impossibile non fermarmi ad ascoltare le loro imbonizioni.
In una bancarella di solito vendevano lamette da barba: con parole auliche, non so quanto capite dagli ascoltatori, vantavano la qualità di quelle lamette, che probabilmente erano solo dei ferrivecchi, asserendo, per esempio, che la loro colorazione era dovuta a una particolare tecnica nella fusione. Offrivano una serie intera di pacchetti di lamette, sette o otto, a prezzi bassi (lo chiamavano : Il pacco dell'operaio).
Un'altra bancarella di solito vendeva uno strano attrezzo, che avrebbe dovuto permettere a chiunque di preparare delle frittelle. In sostanza: sarebbe bastato immergere questo attrezzo che aveva una forma vagamente floreale in una pastella e poi nell'olio bollente per ottenere frittelle di prim'ordine. Era d'uso che qualche bambino dimostrasse la semplicità dell'uso dell'arnese, e qualche volta è capitato anche a me. Mai però che me le avessero fatte mangiare, dopo averle preparate...
Sono stato un po' troppo lungo: scusatemi.
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MessaggioInviato: 14 Feb 2006 18:06    Oggetto: Rispondi citando

Con questo post penso di interrompere la storia dei miei ricordi infantili, perchè credo che non ci sia niente di peggio di un vecchio al quale viene chiesto di raccontare della sua giovinezza: non la smette più fino a che non viene abbattuto a fucilate. Quindi, per evitare questo finale, è meglio che la smetta da solo.
Un ultima cosetta: negli anni della guerra, naturalmente il riscaldamento non esisteva, bisognava arrangiarsi come si poteva. Noi eravamo riusciti a procurarci due stufe che avrebbero dovuto bruciare segatura, pressochè introvabile però, e nelle quali bruciavamo qualsiasi cosa potesse bruciare, dai pezzi di vecchi mobili a scarpe vecchie e sfondate, a qualche ramo che trovavamo per terra (abitavamo vicino al Parco Sempione, notevolmente saccheggiato da tutti quelli che, come noi, cercavano qualsiasi cosa potesse entrare in una stufa).
In quel periodo molta gente cominciava a primavera a procurarsi della carta, qualsiasi tipo andava bene, anche il cartone. La carta veniva tenuta a mollo nell'acqua di un mastello per alcuni giorni, poi veniva raccolta in forma di palla di una decina di centimetri di diametro e ben compressa (con le mani, naturalmente) Il sole dell'estate provvedeva ad una perfetta essicazione e, all'inverno successivo erano un ottimo combustibile per la stufa.
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MessaggioInviato: 14 Feb 2006 22:39    Oggetto: Rispondi

danielegr ha scritto:
credo che non ci sia niente di peggio di un vecchio al quale viene chiesto di raccontare della sua giovinezza: non la smette più fino a che non viene abbattuto a fucilate.

non è detto, magari a qualcuno piace anche ascoltare.
ti ringrazio, non sono in molti ad aver risposto all'appello !!!
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