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Da 1696 a 2580 (e ridiscesa) ? racconto illustrato
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Benny
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MessaggioInviato: 11 Giu 2007 23:37    Oggetto: Da 1696 a 2580 (e ridiscesa) ? racconto illustrato Rispondi citando

Premetto che non sono un esperto montanaro, né uno scalatore o simili.
Mi piace la montagna e tutto ciò che gli sta attorno, sopra e sotto!
So che è sconsigliato avventurasi da soli per i sentieri montani, ma certe cose, vissute nel silenzio della propria, unica presenza, assumono un significato del tutto diverso. Ho sbagliato, ma cosciente di star sbagliando.

Approfittando di una delle poche giornate di sole ho preso la decisione: vado a fare una scarpinata.
Da qualche giorno la programmavo, perciò sapevo già qual era il mio obiettivo: l?alpeggio Plan de la Feya, a 2400 m.s.l.m. Se poi avanzava tempo mi sarei spinto un po? più su, verso il Col de l?Entrelor, ovviamente impossibile da raggiungere per via dei nevai ancora da sciogliere e della mia scarsa attrezzatura.
Un?altra controllatina alla carta e, sì! si può andare!
Carico in spalla lo zaino, contenente cartina, cibo e acqua, macchina fotografica e binocolo, un maglione e un k-way: meglio essere prudenti!
La sera prima ero già andato in avanscoperta, salendo il sentiero per qualche centinaio di metri, fino ad arrivare ad una roccia con una suggestiva vista su una cascata, che si tuffa a capofitto dalla nuda roccia, in un folle salto di qualche decina di metri, sotto l?indifferente presenza degli abeti.
Quest?oggi mi sarei spinto oltre, verso vette mai raggiunte (dal sottoscritto).

La partenza è l?albergo nel villaggio Chanavey a 1696 m.s.l.m. ed il primo tratto si sviluppa vicino alla strada, camminando verso il fondo della valle e verso quelli che, stando alla cartina, dovrebbero essere il Granta Parei e il Col de Rhêmes, con i loro ghiacciai e nevi perenni che, nella bassa luce solare, si argentano e si stagliano contro l?azzurro quasi a ornare la valle come un opale prezioso.
All?altezza di Bruil (il capoluogo? dieci case e una chiesa) si lascia la strada per inoltrarsi nel bosco ed iniziare la salita. Quella che percorro è un tratto dell?alta via n° 2, indicato anche come sentiero n° 10, che nei primi metri coincide con il n° 9.
Non trovo particolari difficoltà, il sentiero non è troppo ripido né presenta asperità degne di nota. Si sale, non senza fatica ma si sale.
Supero la roccia della sera precedente e con un sorriso passo oltre, inizia la vera avventura.
Lungo il tragitto mi concedo delle pause per osservare la fauna, per la precisione l?avifauna. Riconosco ben poco, a parte una femmina di Picchio Rosso Maggiore, una Cincia Bigia Alpestre, una Ghiandaia, una Nocciolaia e qualche Fringuello. Più su spero di imbattermi nell?Aquila Reale ? vista qualche giorno prima volteggiare sulla cresta opposta ? ma ancor di più spero di avvistare il Gipeto, non molto bello, ma sicuramente imperioso!

Nel frattempo la passeggiata nel bosco è piacevole. Mi godo l?aria non troppo fredda del mattino, gli aromi amplificati dalla pioggia del giorno prima, tutti i rumori del sottobosco.
Salendo gli alberi si diradano lentamente lasciando spazio a pendii erbosi dai quali affiorano poche rocce sparse, fino a sparire completamente quando arrivo al primo alpeggio d?Entrelor, a 2142 metri.
Al mio arrivo mi attendono alcune marmotte e dei camosci al pascolo. Quest?ultimi, dopo avermi fissato per qualche attimo, decidono che non sono degno di fiducia e balzano sulle rocce vicine, per sparire in pochi istanti alla mia vista. Le marmotte, meno diffidenti e più indifferenti, continuano nei loro affari senza darmi troppo peso.
Decido intanto di vedere cosa mi sono lasciato alle spalle, ripercorrere con lo sguardo i passi compiuti fin lì? ciò che vedo va oltre le mie aspettative. La giornata soleggiata contribuisce a rendere ogni colore più vivido. Il riflesso delle cime innevate quasi ferisce gli occhi.
Il vallone sottostante è un lussureggiare di prati, pinete ed abetaie.
Dalle cime opposte mi giungono crepitii e rombi sommessi. Probabilmente gli ultimi ghiacci che si arrendono alla primavera inoltrata.
Tentenno su quella vista per qualche minuto, ma la mia meta è più su ancora, a malincuore mi volto e ricomincio a salire.
L?alpeggio è abbastanza pianeggiante, una specie d?altipiano con dei piccoli avvallamenti. Il sentiero sale e scende per qualche centinaio di metri, dando il giusto riposo alle mie gambe, quietando il respiro e permettendomi di godere di quell?aria incontaminata.
Abbandono per qualche metro il sentiero camminando per il prato, sotto lo sguardo attento di un altro camoscio, il quale presto decide che non sono degno di interesse e va per la sua strada.
L?erba alta del prato non rappresenta un grosso ostacolo, devo però fare attenzione a non finire col piede nella tana di qualche marmotta.
Prese le dovute precauzioni, mi inoltro nel prato verdeggiante.
Poco più avanti mi imbatto in un gruppo di case, utilizzate un tempo dai pastori, ma a quanto pare ormai in disuso.
Per tornare al sentiero attraverso un piccolo torrente formato dai nevai in scioglimento. Provo ad immergere una mano nell?acqua, aspettandomi di gelare all?istante. Stranamente l?acqua è fredda, ma non gelata come potevo immaginare. L?idea di berne un sorso si fa strada a sgomitate tra il buon senso, ma viene presa a calci prima che possa arrivare ai centri nervosi? meglio evitare dolori di stomaco, specie a certe quote!
Riprendo a camminare, ormai la meta è vicina.
Nel tragitto attraverso un piccolo boschetto di giovani abeti, troppo giovani per creare un sottobosco, ma abbastanza fitti nascondere la mia destinazione.
Superata la piccola abetaia la salita inizia a farsi più impegnativa.
Mi allontano dall?alpeggio tenendo alla mia destra le cime che lo delimitano . Per alcuni, brevi tratti sul sentiero scorrono piccoli torrenti, che sono obbligato a saltare, per quanto piccoli sono, oppure a girarci attorno, per quanto hanno inondato il sentiero. Solo in un caso devo per forza provvedere ad un guado, saltando su rocce e pietre affioranti. L?acqua non è certo fonda, ma le selci bagnate lo rendono scivoloso ed infido. Inoltre bagnarsi i piedi non è certo una buona idea, tanto più che il sole è parzialmente sparito dietro delle nubi ed inizia ad alzarti una piccola brezza fresca.
Arrivo infine a quella che doveva essere la mia meta, ma che si rivelerà poi solo una breve tappa.
Sono arrivato al Plan de la Feya.
Su di un ricovero dal tetto sfondato è riportata la scritta 2393 m.
Poco più a lato un altro numero cerchiato di giallo, con una freccia che indica la mia sinistra: il mistico numero 7.
Un altro sentiero. Non l?avevo notato.
Una veloce occhiata alla cartina ed eccolo lì. Il sentiero numero 7, che parte dal luogo in cui mi trovo ora, per scendere a valle diversi chilometri più a nord di Chanavey, mio punto di partenza e di arrivo, passando per l?alpeggio di Chaussettaz a 2191 m.s.l.m., mia meta dei giorni precedenti.
Cosa ancora più importante, che attira la mia attenzione è la punta massima del nuovo sentiero: 2560 metri, con possibilità di salire sulla Testa di Entrelor a 2580 metri.
Inoltre passa per un altro alpeggio, l?alpages de Sort a quota 2448, prosegue per un vallone per poi congiungersi al sentiero 9 che mi riporterà da dove sono venuto.
In pochi istanti il cervello ha elaborato il nuovo percorso: destinazione 2580!
Le gambe subito protestano: ?col ca**o! se vuoi andare lassù ci vai da solo!?
Dietro la promessa di arrivare al prossimo alpeggio e di fermarsi a mangiare, le gambe si rimettono in moto.
Il sentiero inizia stretto, non più di quaranta centimetri, con a destra il monte che sale e diverse rocce dall?aspetto poco rassicurante, mentre a sinistra il costone scende in maniera non molto ripida, ma disseminato di pietre e rocce. Spero da subito che non sia tutto così, altrimenti non sarà sicuramente una passeggiata.
Le mie speranze non vengono disattese e dopo pochi metri, attraversando un poco agevole passaggio tra due rocce, il sentiero si allarga leggermente, ma soprattutto la discesa alla mia sinistra si fa meno lugubre.
Giro attorno ad un picco camminando quasi in piano.
La salita si fa poi sempre più dura.
Guardo la cartina, il sentiero dovrebbe essere quasi diritto, mentre qui ho già fatto ben due tornanti. A questo punto non dovrebbe mancare molto alla cima. Proseguo ma ancora il sentiero sale. Riguardo la cartina e maledico tutto l?IGC di Torino. Ti prendono pure per i fondelli: ?vi preghiamo di segnalarci eventuali errori e aggiornamenti. Ne terremo conto nella prossima edizione?. Che vi vada di traverso un gianduiotto!
Guardo in alto, non sembra lontano, ma la fatica inizia a farsi sentire. Il cervello dubita sia stata una buona idea, le gambe lo confermano: ?Te e le tue idee del menga!?.
In linea d?aria non dovrebbe essere lontano? al che intervengono pure i testicoli: ?in linea d?aria sto par di noi stessi!?.
Anche respirare si fa più difficoltoso. Ogni cento passi riposo, il respiro affannoso, la testa che pulsa. Meglio metterci due ore in più piuttosto che svenire per ipossia!
Penso poi che a questa quota fanno prima a mandarmi in paradiso piuttosto che all?inferno! I testicoli si toccano in una pratica auto-scaramantica.
Ma tengo duro e la tenacia viene ricompensata: sono in cima! Un piccolo dislivello mi porta vicino ad una croce di legno infissa tra le rocce, sulla Testa di Entrelor.
Il punto più alto è stato toccato!
A quel punto credo veramente mi abbiano spedito in paradiso. La valle sottostante si fa sempre più lontana, mentre la vista arriva ad un orizzonte prima precluso, oltre le morene lo sguardo pare perdersi senza confini, osteggiato solo dalle nubi ormai incombenti, e comprendo meglio le famose parole di Leopardi.
Riprendo coscienza del luogo dove mi trovo non appena guardo la strada che mi porterà a valle, ma ancor prima la punto di ristoro.
La strada non appare complicata, se non fosse che scende per il lato più in ombra della montagna, perciò i nevai sono ancora per lo più integri.
Il primo lo incontro dopo pochi passi. Seguo le tracce di un camoscio e lo supero facilmente, ma il secondo è tutt?altra storia. Si estende per qualche decina di metri e taglia completamente il sentiero. Impossibile e pericoloso passarci in mezzo, col rischio di sprofondare senza sapere cosa si troverà sotto. E dire che si vede esattamente il punto dove il sentiero sbuca dall?altro lato.
Che fare?
Ritornare indietro per la strada già percorsa è seccante, soprattutto dopo la fatica fatta finora.
Intanto risalgo per qualche metro, poi vedrò il da farsi.
Guardando bene noto che il declivio del monte non è poi così accentuato, inoltre insiste su un terreno torboso e gibboso, con diverse rocce affioranti. A studiare bene il percorso si può girare attorno a ogni cumulo di neve.
Inizio perciò una cauta, ma sicura discesa lungo il fianco del monte, passando sotto il normale percorso del sentiero, per poi ricongiungermi più in basso. Questa manovra, anziché allungare la strada, addirittura mi aiuta ad abbreviarla di qualche metro.
Devo ripetere l?operazione diverse volte, passando sopra o sotto i vari tratti innevati, fino a che non giungo in vista di quel che resta della vecchia casa d?alpeggio. Il tetto è sfondato da chissà quanto ormai e la neve forma un manto uniforme tra le quattro mura di pietra.
Avevo promesso una pausa ristoro, e così mi appresto a trovare il posto adatto. Mi siedo su quel che resta di un muro ed imbandisco un?improvvisata tavola.
Nel frattempo mi rendo conto di aver sudato e non poco, mentre l?aria inizia a non essere più molto calda. Dopo essermi tolto la maglia ho prontamente rimesso la felpa e sopra il maglione, giusto per non sbagliare!
Il pasto è frugale e fugace.
Mentre mangio osservo il paesaggio, meno esaltante di prima: qualche morena, pietre, erba e neve. Ma più che il paesaggio mi godo il silenzio, quasi assoluto, rotto solo dal canto di qualche uccello. Gli unici rumori fuori posto sono il mio respiro pesante, le mie mandibole al lavoro, lo zaino che si rovescia e le conseguenti imprecazioni.
Mi sento fuori posto, quasi inadatto.
Consumato in fretta il mio pasto, ho bisogno di lavarmi le mani. Provvedo con l?unica acqua disponibile in forma semi-solida, neve farinosa.
Dopo aver controllato di non aver lasciato nulla che indicasse il mio passaggio in quel luogo, mi ricarico lo zaino in spalla e ricomincio la discesa.
Ad onor del vero la strada si sviluppava su di un largo vallone, sotto il Col di Sort, perciò anche la discesa risulta particolarmente agevole.
Su quel lato i ruscelli aumentano in numero ed intensità, specie quando la discesa inizia a farsi più impegnativa.
Un torrentello in particolare mi colpisce. Arrivato ad piccolo piano, dominato da una grossa roccia muscosa, perde il suo alveo naturale, iniziando ad inondare il paino, formando diversi rami, quasi un acquitrino. Ai piedi della roccia in particolare si forma una pozza poco profonda, prima di riprendere il declino della montagna e gettarsi in una corsa convulsa verso valle. Perdo di vista il suo incedere e mi deciso a proseguire.
Prima di reimmergermi nel sottobosco trovo un bivacco, con tanto di letti a castello già pronti all?uso. La voglia sarebbe tanta, e se non fosse per le porte chiuse a chiave, forse ne approfitterei, ma tant?è? tanto vale proseguire. Un?indicazione per Rhêmes Notre-Dame mi avverte che l?avventura, sebbene lungi dal terminare, è comunque al suo atto finale.
Un?ultima occhiata alla valle e mi cimento nella discesa.
Il sentiero nel bosco non è poi dissimile da quello dell?andata, ancora ogni tanto mi fermo ad osservare e ascoltare, però in queste occasioni, vuoi per la stanchezza, vuoi per l?orario, non riesco ad osservare nulla di significativo.
Intanto il sole torna ad affacciarsi e mi costringe a togliere il maglione. Ovviamente più scendo e più fa caldo.
Mi riallaccio infine al sentiero per il quale sono salito al mattino ed in pochi minuti sono di nuovo in mezzo a segni della presenza umana in quel paradiso.
Gli ultimi chilometri mi portano nuovamente al parcheggio dell?albergo.
Dopo quasi sei ore di camminata sono tornato alla base.
Arrivo alla mia auto per cambiare le scarpe quando le prime gocce di pioggia iniziano a cadere, non pioverà poi molto, ma ha avuto la grazia di risparmiarmi per tutto il mio viaggio in quota!

Risparmio i dettagli di come ho rotto la macchina fotografica (di mia sorella) al bar dell?albergo, dopo averla portata con me per quasi milleottocento metri in verticale e dieci in orizzontale.

Una doccia e poi a riposare fino all?ora di cena.
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thefad
Semidio
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 09:10    Oggetto: Rispondi citando

Shocked Surprised Applause
Magnifico, l'opera Omnia è eccezionale. Bellissime le foto Very Happy
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kevin
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 09:32    Oggetto: Rispondi citando

complimenti!!! Vittoria

grande narratore e posti bellissimi,
pensa se avessi potuto portarti anacleto, sarebbe stato uno sballo vederlo volare in quel paradiso.
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 09:33    Oggetto: Rispondi citando

Ottimo lavoro Benny! Applause Applause Applause Applause
Grazie da parte di tutti quanti!
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alessandro.polo
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 09:57    Oggetto: Rispondi citando

Benny, posso pubblicarla sotto falso nome?
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Benny
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 10:19    Oggetto: Rispondi citando

alessandro.polo ha scritto:
Benny, posso pubblicarla sotto falso nome?

Certo, puoi pubblicarla sotto il nome di Benny, se ti fa piacere...

Grazie a tutti per l'apprezzamento e per la pazienza di leggere tutto.
Mi piaceva l'idea di condividere in parte la mia esperienza.

Grazie ancora! Grazie
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alessandro.polo
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 10:45    Oggetto: Rispondi citando

e questo il paese?
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Benny
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 11:58    Oggetto: Rispondi citando

Certo, quello è Bruil, il capoluogo.
Questo è Chanavey, dove facevo base:
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alessandro.polo
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MessaggioInviato: 12 Giu 2007 12:29    Oggetto: Rispondi citando

sempre da quelle parti comunque (valle d'aosta verso il confine, no?)?

ps. bel posticino!
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nihal
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MessaggioInviato: 13 Giu 2007 00:37    Oggetto: Rispondi citando

Benny ha scritto:

Grazie a tutti per l'apprezzamento e per la pazienza di leggere tutto.
Mi piaceva l'idea di condividere in parte la mia esperienza.

Grazie ancora! Grazie

Grazie a te per aver condiviso con noi la tua esperienza Very Happy

P.S. Perchè sprecare i gianduiotti? Sono buoni come cioccolatini. Mandagli qualcos'altro di traverso
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Benny
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MessaggioInviato: 13 Giu 2007 09:49    Oggetto: Rispondi citando

nihal ha scritto:
P.S. Perchè sprecare i gianduiotti? Sono buoni come cioccolatini. Mandagli qualcos'altro di traverso

Facciamo gli agnolotti? Wink
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MessaggioInviato: 14 Giu 2007 21:05    Oggetto: Rispondi citando

Benny, l'ho letto solo ora: belissima l'idea di un racconto illustrato!
Complimenti, e che bei posti! Applause
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Benny
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MessaggioInviato: 14 Giu 2007 21:16    Oggetto: Rispondi citando

Gavilan ha scritto:
Benny, l'ho letto solo ora: belissima l'idea di un racconto illustrato!
Complimenti, e che bei posti! Applause

Grazie!
Aspettavo il tuo parere... mi fa piacere sia positivo!

Mi raccomando, non trattenetevi nelle critiche!
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MessaggioInviato: 15 Giu 2007 05:06    Oggetto: Rispondi citando

Benny ha scritto:
nihal ha scritto:
P.S. Perchè sprecare i gianduiotti? Sono buoni come cioccolatini. Mandagli qualcos'altro di traverso

Facciamo gli agnolotti? Wink

No, gli agnolotti me li mangio io... mandagli qualcos'altro di traverso... Wink
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MessaggioInviato: 15 Giu 2007 19:01    Oggetto: Rispondi citando

MK66 ha scritto:
No, gli agnolotti me li mangio io... mandagli qualcos'altro di traverso... Wink

Una riproduzione in ceramica della Mole?
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MessaggioInviato: 15 Giu 2007 23:41    Oggetto: Rispondi citando

Benny ha scritto:

Una riproduzione in ceramica della Mole?

OK! Questa va bene... se vuoi, anche a grandezza naturale... Wink
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MessaggioInviato: 17 Giu 2007 10:11    Oggetto: Rispondi

e bravo Benny, idea simpatica!
E complimenti per la passeggiata !!!
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