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Autore Messaggio
Ermengarda Categna
Dio maturo
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Registrato: 31/03/08 15:20
Messaggi: 2414
Residenza: torino

MessaggioInviato: 27 Apr 2008 21:45    Oggetto: Rispondi citando

Scusa, Wolf, ho letto solo ora. La verità é che sarei io per prima a sentirmi uno schifo se venissi meno alle aspettative altrui su di me, tanto più di schifo quanto più mi sono vicine e care le persone che mi tiranneggiano. Forse é un atteggiamento femminile, forse sarebbe più facile fregarsene, senz'altro sarebbe più comodo. Ma, nel bene e nel male, é così. Uscirne, dopo decenni, o millenni (se contiamo anche le nostre radici mammifere) non é cosa di due minuti, sai?
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Cybion
Dio maturo
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Registrato: 11/03/07 14:27
Messaggi: 1731
Residenza: vagabonda senza fissa dimora

MessaggioInviato: 04 Mag 2008 09:40    Oggetto: Rispondi

GrayWolf ha scritto:

Premetto che la mia non è una critica, ma una mera considerazione.
La posizione che hai descritto attiene molto di più al mondo femminile che non a quello maschile.
Il senso materno innato, la protezione della "prole" [il mondo è pieno di bambini troppo cresciuti e di "badanti"] l'educazione millenaria che vi vuole "sempre disponibili", creano lo stato che hai descritto e dal quale, a mio parere, è ora di affrancarsi; la difficoltà nel farlo è quella terribile frase che tarpa le ali: "ma lo hai sempre fatto!" o peggio ancora: "è il tuo ruolo!"


Se tale posizione è certamente più della sfera femminile per quanto riguarda il relazionarsi con i figli, ritengo che nel rapporto con "gli altri" più in generale, sia un atteggiamento che attraversa i generi senza distinzioni.
Tante (troppe) volte, siamo disposti a soccorrere amici in difficoltà.
Non è l'aiuto all'amico (o al figlio) a essere in discussione, quanto piuttosto le modalità in cui esso si svolge.
Dare consigli, ascoltare, offrire spunti di riflessione (o alle volte prestare orecchio a parole che han bisogno di uscire), va tutto bene.
Ma il rischio è "andare oltre". Sostituirsi all'altro per aiutarlo.
Certo, è la forma di aiuto più immediato, e il sollievo della persona in difficoltà sarà grande (così come la gratifica per il nostro ego).
Ma siamo sicuri che sia una forma di aiuto "a lungo termine"?
O non creeremo piuttosto una "stampella" a cui l'altro finirà per appoggiarsi, senza sentire il bisogno di "camminare" in piena autonomia?
Quando un bambino fa i primi passi, arriva un momento in cui occorre lasciare la sua manina, a costo di vederlo cadere. Ma solo cadendo si impara a rialzarsi.

Questo atteggiamento è ancor più rilevante nei genitori verso i figli. E' pienamente comprensibile. Ma forse occorrerebbe soffermarsi a riflettere sulle conseguenze future.
Verrà un giorno in cui - inevitabilmente - non ci saremo più, a offrire la stampella del nostro aiuto. E se la persona a cui l'abbiamo prestata per anni non ha imparato a camminare da sola, avrà serie difficoltà a imparare a farlo in quel momento, e probabilmente non ci proverà neanche: molto più facile cercare una replica della stampella in qualcun altro.
Questo avviene, a farci caso, specialmente nei rapporti di coppia: spesso nell'altro/a si cerca un sostituito della madre (o del padre) - le eterne "badanti" e i bambini troppo cresciuti a cui accennava Gray - come se la coppia fosse il luogo della sublimazione della "cura", illudendosi forse che in tal modo l'altro/a avrà talmente bisogno di noi che non si allontanerà mai. Ma questa rischia di rimanere soltanto un'illusione.

@Ermengarda:
Prova a pensare a quello che definisci un "fregarsene" con un altro punto di vista: non è più comodo - anche se lo sembra - perché è molto più doloroso (oltre a essere un atteggiamento additato come egoistico), ma forse, può essere la strada per far diventare i figli degli adulti da noi indipendenti.
Forse è proprio questo a farci paura.
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