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Non è la Thyssenkrupp ma uccide uguale
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Autore Messaggio
ili07
Dio maturo
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Registrato: 29/05/07 23:58
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MessaggioInviato: 16 Ago 2008 18:26    Oggetto: Non è la Thyssenkrupp ma uccide uguale Rispondi citando

Visto che qua avevamo parlato della Thyssenkrupp di Terni, mi pare giusto riportare altre realtà..


questa ripresa da Grillo è una delle tante....forse la più infida perchè ti uccide lentamente...non ti stacca un braccio come in certe fabbriche...non è così scenica da rovesciarti un calderone di olio bollente e finire su tutti i giornali...

no...questa ti mangia dentro giorno dopo giorno...ti usa come carne da macello e poi ti butta via...

e nessuno paga mai per questo schifo.....

e la colpa 9 volte su 10 di chi è?
dei politicanti che insabbiano tutto.....e noi continuiamo a farci governare dal peggio dei delinquenti...dal peggio degli assassini...assassini bianchi perchè non hanno le mani sporche di sangue e possono permettersi non solo di girare a testa alta, ma anche di vivere una vita di agi e di essere sostenuti dai loro simili se per malaugurata ipotesi finiscono in galera qualche mese, in virtù di quella caccia alle streghe che a loro dire la magistratura impone nei loro confronti...

io non so nemmeno più quante volte mi sono chiesta "ma come fanno a guardarsi allo specchio?"

Citazione:
16 Agosto 2008
Morti Bianche: "Veleni dal cielo"




Riporto una testimonianza dal libro "Morti Bianche" di Samanta Di Persio disponibile sul blog a prezzo libero.

"Quando ho perso il mio papà avevo 20 anni, mio fratello più piccolo 17 e il maggiore 23. Non si è mai pronti alla scomparsa di un genitore, specie quando si è giovani e soprattutto quando la persona cara viene a mancare in modo violento. Domenico Bonan, mio padre, è morto dopo nove mesi dalla scoperta di un tumore ai polmoni. A ottobre del 1999, a seguito di una tosse che gli toglieva il respiro, siamo andati da un medico pensando fosse una banale bronchite, ma scoprimmo la tragica notizia del cancro. Gli furono diagnosticati tre mesi di vita, ma se avesse accettato di fare la chemioterapia il dolore sarebbe stato meno acuto e avrebbe vissuto un po? più a lungo. La posizione del cancro fra i due polmoni non permetteva un intervento chirurgico. Riuscirono a tenerlo in vita altri sei mesi. A luglio del 2000 ci lasciò, all?età di 56 anni. Dalla scoperta del cancro fulminante al decesso, tra i miei genitori e noi figli non ci sono stati particolari confronti su ciò che si stava vivendo. Bastavano gli sguardi. Questo era frutto anche del nostro carattere alquanto schivo e riservato, ma soprattutto per non aggravare lo stato di ?serenità? familiare. Eravamo consapevoli di quanto ci stava succedendo e altresì che stavamo facendo tutto quello che si potesse fare. Non nascondo, eravamo speranzosi che si trattasse solo di un incubo.
Mio padre ha lavorato quasi trent?anni presso la Tricom, nel reparto di cromatura. Prima di lui sono deceduti altri colleghi, una ventina. Avevano cominciato tutti allo stesso modo, un po? di tosse, sangue dal naso. Ma mio padre pensava di salvarsi in tempo. Non faceva altro che ripetere: ?Non vedo l?ora di andare in pensione!?. Era convinto che andando via da quel posto sarebbe stato salvo. Però le cose sono andate diversamente. Mio padre amava il lavoro, trovava sempre qualcosa da fare. Se potessi rimproverargli qualcosa vorrei dirgli che avrebbe dovuto trascorrere più tempo con noi figli.
Dal giorno in cui è morto, ho preso la decisione di capire cosa c?era dentro quella fabbrica. C?erano troppi segnali che inducevano a pensare ?Qualcosa non va?. Anche per il paese in cui vivo, la morte di mio padre per cancro era scontata: lavorava alla Tricom! Ho iniziato a raccogliere testimonianze di colleghi operai, a chiedere analisi ed è iniziata una causa dove la mia famiglia si è costituita parte civile. Ho fatto diversi sopralluoghi. Mi sono reso conto che i reparti non erano separati fra loro: un unico stanzone dove c?era il reparto di imballaggio, di cromatura, di verniciatura, di pulitura ecc. Chiunque poteva ammalarsi, nessuno utilizzava guanti, mascherine, non c?erano sistemi di protezione. I dirigenti non fornivano niente di tutto ciò, così come non fu mai detto a quali rischi effettivi si poteva andare in contro. Perfino l?impianto di depurazione non era funzionante, o meglio lo era solo in caso di controlli. Sì, perché nell?impianto era impiegato il sindaco che ha governato per 25 anni, a qualche giorno dai controlli si cercava di nascondere la polvere sotto il tappeto. Dalle testimonianze trovate, è emerso che in prossimità dalle ispezioni, agli operai venivano fornite delle mascherine per proteggesi dalle polveri (ma non idonee a ridurre l?esposizione a sostanze chimiche), si riduceva la temperatura delle vasche affinché non uscissero i fumi, si azionavano i pochi aspiratori presenti e si spalancavano tutti i portoni per creare flusso d?aria. Ma oggi anche il sindaco è indagato per i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravi, omissioni di difese e cautele contro disastri ambientali e infortuni sul lavoro. Dalle analisi chimiche, oltre al cromo esavalente e al nichel sono stati trovati ben sette tipi di cianuro, piombo, soda e composti, acido solforico, ecc. Quando vidi le condizioni in cui lavoravano degli uomini per poter far mangiare loro famiglia, rimasi attonito. Dalle vasche, dove avveniva la cromatura, saliva su una nebbia persistente, alla quale gli operai erano sottoposti per tutta la durata della loro mansione. Alcuni accusavano: bruciori agli occhi con lacrimazione, bruciori allo stomaco, alla gola. I pannelli che erano posti sopra le vasche per essere azionati imponevano di sporgersi sul bordo delle vasche, vasche corrose, che si sgretolavano al tatto, ribadisco senza nessun tipo di protezione che potesse evitare schizzi o fuoriuscite di liquido. Alcuni testimoni hanno raccontato che quando un oggetto rimaneva dentro la vasca, gli operai dovevano salire sopra il bordo e con delle pinze prelevavano l?oggetto. Questa operazione doveva essere compiuta tempestivamente per non bloccare il ciclo produttivo. Ci sono stati lavoratori che sono addirittura caduti nella vasca, ricordo che mio padre mi raccontò di quando successe a lui, dovette tornare a casa a lavarsi e cambiarsi.
L?intera area lavorativa era un bagno di cromo esavalente, l?operaio camminava in una fanghiglia, il pavimento in cemento era stato corroso ed i veleni sono filtrati nel terreno inquinando perfino le falde acquifere. Tutti i familiari degli ex operai ricordano i forti odori nauseanti con i quali tornavano a casa.

Altro elemento inquietante emerso, riguarda lo smaltimento del liquido verdastro prodotto. Invece di essere sottoposto a regolare depurazione, in gran parte veniva disseminato attraverso autobotti nei terreni del comprensorio. Operazioni condotte probabilmente di notte, visto che alcuni operai hanno raccontato di vasche piene di sera e vuote al mattino. Si era pensato ad uno scarico in una roggia adiacente all?industria, risultata altamente inquinata, ma in realtà le uniche tubazioni a portare liquidi in quella roggia, erano quelle dell?acqua piovana: la pioggia che scivolava dal tetto si impregnava, vista l?assenza di aspiratori, di tutte le sostanze. Purtroppo queste cose sono emerse solo dopo la morte di un numero consistente di operai e di un inquinamento alle falde acquifere da cromo esavalente. Risultavano esserci state delle ispezioni da parte della USL, ogni volta nei verbali segnalavano carenze, ma la copertura politica ha permesso di ovviare. Tutti sapevano ma nessuno parlava. Basta pensare che l?agibilità alla ditta è stata notificata solo nel 1983, mentre era attiva già a partire dal 1975. Ricordi di paese parlano di bambini che andavano a giocare nei campi e tornavano a casa con le gambe macchiate di verde. Un infermiere che tentò di denunciare questa cosa ricevette intimidazioni per non parlare.
Oggi la mia famiglia, insieme a poche altre, porta avanti questa battaglia per veder riconosciuto il danno fatto ai nostri cari. Purtroppo non riceviamo molta solidarietà, né dall?opinione pubblica, né dai giudici che vogliono archiviare il caso. Se tutte le famiglie coinvolte facessero la loro parte, penso non ci sarebbero problemi a chiedere un?imputazione per strage; ma credo non se la sentono per due fattori. Il primo perché c?è sfiducia nelle istituzioni ed il secondo perché c?è troppa indifferenza condita di paura. Ed intanto chi dovrebbe essere altrove a pagare per i danni cagionati a vittime innocenti, cammina indisturbato a testa alta."
Samanta Di Persio dal libro "Morti Bianche".

dal blog di Beppe Grillo
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Ermengarda Categna
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MessaggioInviato: 16 Ago 2008 19:39    Oggetto: Rispondi citando

Ili, sono ovviamente orripilata (e come non esserlo???), ma purtroppo non sono stupita. La sicurezza sui luoghi di lavoro (e per sicurezza non si intende solo la prevenzioni di incidenti cruenti e improvvisi, ma anche la tutela della salute dei lavoratori) é un argomento molto scottante. Rendere le prodduzioni sicure implica costi che le aziende devono sostenere, per progettare e mantenere sicuri i suoi locali, le sue linee di produzione etc. Tutto questo non migliora il prodotto in quanto tale; voglio dire che non é un investimento che permette di rendera il prodotto finito più competitivo e quindi di venderlo meglio, ma é un costo vivo. Un esempio stupido: se produco carta igienica e nel mio magazzino i miei dipendenti indossano o non indossano scarpe antinfortunistiche, la qualità e quindi il valore di mercato dei miei rotoloni sarà lo stesso. Non ci sarà mai un cartellone che dica "Comperate Carta Categna, che non é mai costata un alluce a nessuno", perché non mi farebbe né vendere più carta, né aumentare il prezzo dei miei rotoli. Le scarpe in magazzino le dovrei comnque pagare IO (N.B.: IO non produco alcunché...). Le normative che impongono le misure adeguate ad ogni tipo di ambiente di lavoro esistono, ma sono spessissimo disattese e i controlli e le sanzioni non sono frequenti o temibili come servirebbe. Ho la sensazione che spesso si speri che ci vada bene, molte volte per fortuna (per i lavoratori!!!) é così, e in quei casi, oltre tutto, i datori di lavoro sono in qualche modo premiati, perché, senza loro merito, non incorrono in nessun problema. A volte, succede il patatrack, o si manifestano malattie professionali come quelle descritte nell'articolo che citi, e lì, ach! malasuerte...

Non so quale sia la soluzione. Anni fa avrei detto la sindacalizzazione maggiore e la vigilanza dei lavoratori, cioé la loro parte attiva nel pretendere il rispetto e l'applicazione delle norme. Oggi, con la diffusione del lavoro atipico e perciò stesso sempre più precario, anche questo cade: infatti, nessun dipendente con un contratto poco o per niente garantito oserebbe fronteggiare e contrastare la propria azienda su un terreno del genere. E allora? Non lo so, Ili. Continuiamo a discutere. Per favore, facciamolo, e denunziamo questi casi. Forse troveremo qualcuno più bravo di me che sappia che cosa proporre in concreto.
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MessaggioInviato: 16 Ago 2008 20:06    Oggetto: Rispondi citando

Non c'è niente da aggiungere a quanto detto. Cosa proporre? non lo so, l'analisi di Ermengarda Categna è perfetta: la sicurezza viene vista solo come un costo e non una risorsa.
Due sono le cose che si potrebbero tentare per ridurre il fenomeno:
- aumentare i controlli (non parlo tanto di multe, mi basterebbero i controlli). Ci sarà però sempre l'azienda che tenterà la strada della corruzione, ritenuta meno costosa.
- oppure, e forse potrebbe essere più fruttuoso, rendere penalmente responsabili l'alta dirigenza aziendale per gli eventuali inforrtuni dovuti a carenza di misure di sicurezza. Per "penalmente" però bisogna intendere: giustizia rapida, tre mesi al massimo, e pene certe e da scontare fino all'ultimo secondo.
Io credo che i dirigenti, nella prospettiva di finire per un paio d'annetti in gattabuia, sarebbero i primi a vigiliare sulla messa in opera delle strutture di sicurezza.
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Ermengarda Categna
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MessaggioInviato: 17 Ago 2008 15:17    Oggetto: Rispondi citando

Giustissimo, Daniele. La certezza della pena, più che la sua severità, sarebbe un toccasana in molti campi, compreso questo. Temo solo un effetto collaterale nelle grandi aziende, come le multinazionali. Se si verificasse un incidente e si dovesse punire un responsabile, lo scaricabarile interno arriverebbe a qualche livello intermedio, un dirigente di prima nomina, un quadro, un direttore di strabilimento, ad esempio, ma mai a chi veramente FA la politica aziendale, cioé eroga i finanziamenti per questo tipo di spesa. Alla fine a farne le spese sarebbe qualcuno appartenenete a quel sottobosco di figure di collegamento tra la vera proprietà/dirigenza e la bassa truppa, invisa (per lo più a ragione Twisted Evil Twisted Evil Twisted Evil ) ai sottoposti e bistrattata dai superiori; non che mi dispiaccia l'idea (operando in realtà aziendale faccio parte, nonostante l'anzianità, della bassa truppa Mr. Green e vedrei volentieri qualcuno dei suddetti passare dei momenti un po' meno felici di quanto accada loro di solito), ma mi parrebbe comunque un'ingiustizia. I veri responsabili sono quelli che dettano le linee guida dei criteri di spesa all'interno di un'organizzazione, ma di solito sono a livelli difficili da colpire anche quando implicati in fatti gravi e accertati.
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ili07
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MessaggioInviato: 17 Ago 2008 17:13    Oggetto: Rispondi

Approvo tutto quello che avete detto e l'analisi di Ermengarda che illustra perfettamente la situazione...

parliamo tanto di paesi civili ma poi dalla rivoluzione industriale, quando si mandavano i bambini dentro alle macchine del cotone per pulirle, non è cambiato poi tanto...i bimbi dentro alle macchine non si mandano più, ma la dignità del lavoratore in quanto persone vale sempre zero...
la sua sicurezza non è un investimento, anzi, è una spesa morta....
e finchè ci sarà gente pronta ad avere sulla coscienza la vita di tante persone nulla cambierà.....

i diritti sindacali sono e rimangono una facciata di apparenza....e siamo ancora qua a dire che l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è un freno all'economia e una norma obsoleta...
di questo si preoccupano i vari Maroni e company...dell'art. 18 e non di gente che lavora in questa condizioni...questi possono marcire dove stanno.....
però poi si fa di un giuslavorista un eroe solo perchè gli è arrivato un colpo di pistola da parte di finte e fasulle "brigate rosse" che guarda caso riescono a saltare fuori quando più fanno comodo alla destra...mah! Rolling Eyes
e dietro alla fine tragica di questo giuslavorista ci si riparano sti schifosi...
tessono le loro tele per far vedere quanto sono buone le loro leggi fatte di precariato e zero diritti....

e il problema qual'è?
il problema è che in uno stato in cui la corruzione è ben radicata nelle sfere più alte delle istituzioni c'è ben poco da fare...
non puoi combattere un tumore tagliando qualche suo canale sanguigno e non abbattere il nucleo....lui continuerà comunque a nutrirsi e a crescere...

il problema sorge quando in uno stato pare persino normale sapere che l'intera giunta dell'abruzzo prendeva tangenti, che la Carfagna è ministro perchè Berlusconi se la voleva fare, che la legge elettorale permette solo di scegliere una bandiera e poi il resto lo decidono loro, che i referendum di proposta popolare non vengono nemmeno considerati nonostante siano state raccolte migliaia di firme, ecc

finchè ci sembrerà normale che questo va a fare l'assessore perchè era paraculo da quell'altro non potrà cambiare nulla perchè chi si ritroverà alle alte sfere del potere non penserà di avere a che fare con una missione, ma solo con un posto provilegiato che gli permetta di campare bene..

la vera rivoluzione a sto punto sarebbe che chi accede a certe cariche possa farlo solo per periodo limitato e poi non possa più accedere a nessun altra carica nemmeno a livello locale...
quello che abbiamo davanti ormai è uno stato autoritario che si gestisce da solo...
mi fa quasi schifo leggere ancora quella bugia oggi...sempre la stessa..

Art.1 della Costituzione: "La sovranità appartiene al popolo".
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