Zorro Dio maturo


Registrato: 23/08/05 09:56 Messaggi: 1111 Residenza: Torino
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Inviato: 12 Ago 2010 11:05 Oggetto: |
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Ancora nessun commento? La questione è cruciale!
Qui un approfondimento (che concorda con quanto dice Zeus)
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Not Neutrality
Una corsia preferenziale per i contenuti sulla Rete cellulare crea due Internet: quella per i poveri e quella per i ricchi
L'accordo raggiunto lunedì scorso tra Google e Verizon, il fornitore americano di banda larga e telecomunicazioni, con una proposta comune al legislatore americano per regolamentare l’offerta del servizio Internet fa molto discutere. Da una parte c'è chi sostiene che così viene tradito il principio di Neutralità della Rete, alla base dell'architettura di Internet. Dall'altra chi dice che è un buon compromesso per andare avanti, visto l'empasse in cui si trovava la trattativa, in corso da anni, fra il governo, le aziende Internet e quelle di telecomunicazioni.
[...]Per questo c’è chi (TechCrunch) ha già soprannominato l’accordo Google-Verizon «Not Neutrality»: perchè se escludono la rete senza fili e altri servizi a valore aggiunto, di fatto Google e Verizon creano un sistema per by-passare la regolamentazione che garantisce una rete aperta e neutrale.
«Si tratta di un piano che crea un’Internet per i ricchi e una per i poveri» commenta Andrew Jay Schwartzman, che è vice presidente e direttore politico a Washington del Media Access Project, un gruppo di sostegno della Open Internet Coalition, di cui fa parte peraltro anche Google. «Potrebbe rendere alcuni servizi troppo cari per i consumatori e rendere inagibile l’accesso a quei servizi alle nuove start-up».
La Stampa |
e qui uno più "accademico"
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Un futuro pieno di rischi per Internet
Ragioni che non sono legate ad un’improvvisa maggior ingegnosità di informatici e imprenditori, ma piuttosto al fatto che per la prima volta gli innovatori avevano a disposizione una rete di telecomunicazione strutturalmente - potremmo dire: costituzionalmente - diversa dalle reti precedenti. La costituzione della Rete è caratterizzata, per esplicita volontà dei suoi inventori, da due aspetti essenziali: semplicità e apertura. Semplicità perché Internet, a differenza delle reti di telecomunicazione che l’hanno preceduta, è una rete «stupida», ovvero l’«intelligenza» - ciò che rende possibile i vari servizi online - è ai margini della rete stessa, nei nostri computer, non dentro la rete medesima, che si limita a smistare i bit il più velocemente possibile. Per introdurre un nuovo servizio, quindi, non è necessario aggiornare tutta l’infrastruttura di rete (come invece occorre fare nella telefonia), basta pubblicare un software.
Apertura perché non occorre chiedere il permesso a nessuno per innovare su Internet: una ragazza con una buona idea, un computer e una connessione a Internet ha tutto ciò che le serve per realizzare e poi lanciare la sua idea al mondo. Basta che il suo software parli la lingua di Internet, ovvero, il cosiddetto «Internet Protocol», liberamente e gratuitamente utilizzabile da chiunque. Inoltre, apertura perché la Rete, per il principio della cosiddetta «neutralità della rete» (o di «non discriminazione»), tratta tutti i bit (che siano un documento o un file MP3) e tutte le applicazioni (che sia posta elettronica o video streaming) allo stesso modo, indipendentemente da mittente e destinatario. In linea di principio, quindi, i bit della ragazza e quelli di una multinazionale viaggeranno in rete allo stesso modo, senza discriminazioni.
Questa rete strutturalmente aperta, senza guardie ai cancelli, ha reso possibile una stagione di innovazione senza precedenti, permettendo sia ad aziende affermate di evolvere, sia a brillanti innovatori di creare dal nulla applicazioni di grande successo, quando non addirittura nuovi mercati.
L’innovazione, però, è uno di quei concetti a cui tutti tributano grandi omaggi a parole, salvo poi risentirsi molto se l’innovazione altrui perturba interessi consolidati da tempo. Da questo punto di vista, da oltre un decennio registriamo il fastidio - quando non il furore - con cui settori industriali consolidati, spesso a bassissimo tasso di innovazione, hanno accolto l’innovatività dal basso, non controllabile, di Internet e dei suoi utenti.
Da un paio d’anni, però, diversi segnali suggeriscono che il confronto stia passando di livello, ovvero, non più battaglie di retroguardia da parte di attori incapaci di gestire il cambiamento, ma anche tentativi di apportare modifiche strutturali alla Rete da parte di alcuni grandi attori della Rete stessa. In particolare, da anni alcuni fornitori di servizio Internet vorrebbero essere autorizzati a far pagare un sovrapprezzo ai fornitori di contenuti o servizi (per esempio, YouTube o il sito di un quotidiano), che quindi si troverebbero a pagare più volte per gli stessi bit: una volta per accedere alla Rete tramite il fornitore A (come è normale) e poi di nuovo per raggiungere i clienti del fornitore B, quelli del fornitore C, e così via.
Lunedì, però, c’è stato un fatto oggettivamente nuovo: una delle aziende che rappresentano con maggior evidenza l’innovazione legata alla rete, Google (fondata nel 1998), ha emesso un comunicato congiunto con una delle aziende eredi dello storico monopolio telefonico americano, Verizon (fino al 2000 nota come Bell Atlantic).
[....] due punti in particolare stanno invece sollevando pesanti interrogativi e critiche. Il primo punto riguarda l’esenzione dai vincoli di non discriminazione per l’accesso a Internet senza fili, richiesta giustificata con poco evidenti caratteristiche di «unicità» dell’accesso senza fili, nonché con la «dinamicità» di tali servizi. Se si considera che è proprio tramite l’accesso senza fili che si sta concentrando il maggior tasso di sviluppo di Internet, dall’accesso in mobilità da parte degli utenti alla cosiddetta «Internet delle cose», ci si rende conto che ciò che Google e Verizon stanno chiedendo di esentare dal rispetto del principio di non discriminazione è buona parte del futuro stesso di Internet.
Il secondo punto, almeno altrettanto problematico, riguarda la possibilità di offrire «servizi online aggiuntivi». In pratica, a quel che è possibile capire, la creazione di un Internet-premium che si affiancherebbe, con modalità tutte da definire, a Internet tradizionale per offrire - ovviamente a pagamento – servizi per i quali non varrebbe il principio di non discriminazione.
JUAN CARLOS DE MARTIN - Docente al Politecnico di Torino
[url=http://forum.zeusnews.com/link/55597]
La Stampa[/url]
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Ma davvero possiamo pensare che qualcuno investa milioni di euro/dollari e poi lasciare che il suo business navighi nelle stesse acque dell'informazione libero/anarchica?
Mah!  |
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