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Un "Bignami" per il futuro
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Autore Messaggio
paolodegregorio
Dio minore
Dio minore


Registrato: 13/07/07 13:00
Messaggi: 979

MessaggioInviato: 07 Lug 2011 17:55    Oggetto: Un "Bignami" per il futuro Rispondi citando

- un “Bignami” per il futuro
di Paolo De Gregorio, 7 luglio 2011

La maggior parte delle persone che conosco immagina la “democrazia” come un processo sociale in progress, magari lento, che sviluppa conquiste sociali durature. Tale convinzione deriva dalla storia della nostra Repubblica, nata dopo le allucinanti e tragiche esperienze del fascismo e della seconda guerra mondiale, dove un paese distrutto, povero, ignorante, bigotto, trovò nella democrazia un deciso miglioramento delle sue condizioni di vita, che, con il “miracolo economico” e le conquiste delle lotte operaie, offrì un decente livello di vita per le classi subalterne, enormemente migliore di quello del periodo storico precedente.

La controffensiva della destra contro gli ideali e la prospettiva del comunismo, cominciata con la strage di Piazza Fontana, aiutata dai servizi segreti americani e dal Vaticano, in pochi decisivi anni, dal ’68 al 1980, liquidò il “sol dell’avvenire” e Berlinguer ne scrisse l’epitaffio affermando che “preferiva l’ombrello Nato al Patto di Varsavia”.
Tramontata l’idea di una economia pianificata e tramontata la speranza di riscatto per la classe operaia e lavoratrice, ecco l’appiattirsi della sinistra sulla sempre verde ideologia capitalista, con le sue logiche di sempre: privatizzazioni, liberismo senza regole, concentrazioni monopolistiche, favoreggiamento della immigrazione capace di ricattare i lavoratori messi di fronte ad un esercito di riserva pronto a tutto.

E’ un fatto che, finita la fase della speranza,degli ideali e del radicamento territoriale, progressivamente sono state erose tutte le conquiste, fino all’attuale squallore del precariato, della dittatura di Marchionne con la complicità dei sindacati tutti venduti (eccetto la FIOM), con la chiusura di interi settori produttivi per delocalizzarli all’estero e la diffusione del lavoro nero.
Tutto ciò è avvenuto in una cornice democratica, ma in realtà è stata espressione della potenza delle oligarchie economiche e della telecrazia da esse posseduta.
Ora siamo in una situazione di stallo, di crisi, dominata dagli eventi della globalizzazione che è in grado di strapparci altre quote di mercato, le banche lo sanno e non danno crediti, e la “ripresa economica” auspicata da tutti, destra e sinistra, non ha basi né fondamenta.

Nel frattempo qualsiasi idea favorevole al comunismo è stata annientata dalla realtà della Cina che, come uno stato capitalista, ha bisogno di masse da avviare al lavoro, dove non sono ammesse rappresentanze dei lavoratori, messe in condizioni nocive e pericolose (basta ricordare i frequenti incidenti nelle miniere), con orari e ritmi intensi, con una sanità a pagamento. Schiavi salariati esattamente come da noi.
Capitalismo e comunismo reale hanno oggi le stesse logiche produttivistiche, comandano, ed entrambi hanno bisogno di obbedienti automi che devono pensare solo a produrre.
La storia dell’umanità non potrà mai fregiarsi del titolo di civiltà fino a quando ci sarà una struttura produttiva dominante in cui l’uomo viene dopo il profitto.

Ci vuole una strategia di lungo respiro che tenda a produrre tutti i beni di cui abbiamo bisogno nelle forme: individuale,familiare,cooperativo, indicando nel lavoro salariato una forma di schiavitù da abolire.
La globalizzazione capitalista, gli imbrogli e le speculazioni delle banche, WTO, FMI, Banca Mondiale, le multinazionali, ci hanno portati ad una crisi economica e ambientale insostenibile, e i paesi più deboli rischiano concretamente la disgregazione sociale e il fallimento, Italia compresa.
Credo che uscire da questa logica infernale e assurda sia un imperativo categorico per chiunque comprenda la strutturalità della crisi. Crisi che non può essere affrontata con i vecchi schemi e con le vecchie nomenclature politiche.

Credo che oggi in Italia vi siano milioni di persone, giovani e meno giovani, che non vedono futuro e sanno che Bersani al posto di B. non cambierà nulla.
Se non si esce dalla gabbia delle istituzioni internazionali, di cui ho accennato prima, dalle alleanze militari, dalla comunità europea, che non è comunità né soggetto politico ma una associazione di paesi in competizione tra loro, saremo sempre di più sottoposti a speculazioni finanziarie internazionali che ci possono far fallire, senza una indipendenza reale, senza la possibilità di programmare la nostra indipendenza energetica ed alimentare al di fuori delle regole del mercato, difendendo la nostra economia e i nostri produttori.
L’entità del nostro debito pubblico è tale che non può essere ripianato se non condannando la nostra economia (visto gli interessi che dobbiamo pagare sul debito) al sottosviluppo, senza soldi per la ricerca, la cultura, l’innovazione, i servizi sociali, dove in effetti le leggi finanziarie già ora tagliano a tutto spiano, dandoci quella percezione negativa di essere senza futuro.

Questa situazione globale sta benissimo ai paesi forti, come la Cina, che comprano interi pezzi di paesi, comprano il loro debito pubblico e, di fatto, ne diventano i veri padroni, in un neocolonialismo economico che non è meno pervasivo e dittatoriale del colonialismo classico.
Solo uscendo dalla moneta unica, dagli organismi internazionale, dalle alleanze militari, e consolidando il debito, possiamo vedere un futuro in cui cominciare a pensare a produrre in Italia le cose di cui abbiamo bisogno, con la strategia della autonomia dal petrolio con tutte le rinnovabili possibili (solare, eolico, biomasse, idroelettrico, geotermico), senza grandi impianti, ma diffuse capillarmente sul territorio e ad una agricoltura che produce con piccole e piccolissime aziende tutto ciò di cui abbiamo bisogno, biologico e a km zero, in una realtà da sviluppare poiché oggi produciamo solo il 30% del nostro fabbisogno alimentare.

Non facciamoci illusioni! Nella attuale situazione internazionale, con il nostro debito pubblico, con i nostri giovani migliori che fuggono nei paesi forti dove si fa ricerca e si investe nelle risorse umane, in Italia semplicemente non c’è futuro e tutte le merci possibili presto arriveranno a prezzi stracciati da paesi come il Vietnam, l’Indonesia, il Bangladesh, il Brasile e via elencando.
Oggi e soprattutto domani, il mondo sarà dominato dalle potenze finanziarie internazionali capaci di far fallire interi paesi per impadronirsi delle infrastrutture e delle materie prime, dalle multinazionali, dalla forza militare occidentale che interverrà dove non arriva il “mercato”, e da quei paesi la cui risorsa maggiore è la forza lavoro a basso costo, che sarebbe vano e impossibile inseguire sul terreno della competitività (che vuol dire più lavoro e meno salario).
Tutta la nostra classe politica sembra non accorgersi del nostro incerto futuro.

Riassumendo.
Noi in Italia non abbiamo materie prime, non abbiamo manodopera a basso costo, non abbiamo banche o multinazionali di grande peso, non siamo una potenza militare, non abbiamo strutture di ricerca ad alto livello.
Ma restiamo tutti prudentemente immobili.
Paolo De Gregorio
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paolodegregorio
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Messaggi: 979

MessaggioInviato: 24 Lug 2011 08:43    Oggetto: Rispondi

se mi ripeto scusatemi
saluti a tutti
paolo



- la resistenza della Casta -
di Paolo De Gregorio 23 luglio 2011

Quasi tutti concordano nel giudicare che la ventennale vita del berlusconismo sia stata resa possibile da una opposizione inadeguata, divisa, senza un programma, con dirigenti vecchi, rimasti in carica nonostante fossero responsabili di tutta la collezione di sconfitte subite da un inesistente centro-sinistra.
Questo consente a B. persino di affermare che lui se ne andrebbe, ma una alternativa al suo governo non c’è (ed è vero) e resta per senso di responsabilità verso il paese.
In una democrazia normale, con una legge elettorale che consente di mandare in Parlamento persone scelte dai cittadini, questo ventennale immobilismo non ci sarebbe stato. Non è difficile osservare che nei due partiti maggiori, PDL e PD, non esiste una nuova leva di dirigenti, fenomeno impossibile in partiti in cui le segreterie nominano deputati e senatori persone di fiducia, familiari, amanti, amici degli amici.

Le uniche vittorie che hanno riacceso qualche speranza, quelle di Milano, Napoli e la vittoria nei referendum, sono state ottenute dai movimenti, da comitati spontanei, dalla spinta di Di Pietro.
Eppure nei sondaggi recenti sembra che sia il PDL che il PD resistano al discredito e restano i due partiti largamente più forti con circa un 30% a testa.
Mi sento di affermare, con assoluta certezza, che una eventuale vittoria elettorale del PD e dei suoi alleati (ancora indefiniti tra UDC, SEL, IDV) rappresenterebbe una sostanziale continuità in politica economica,nella politica estera,sarebbero confermate le missioni militari, e con gli obblighi di risanare il bilancio è probabile un lungo periodo di tagli alla spesa sociale con la collaborazione dei sindacati venduti e dei preti.

Se vogliamo avere un futuro dobbiamo far crescere una classe politica alternativa, che si dia degli obiettivi limitati, ma capaci di individuare e colpire le basi di questo “sistema”, ormai diventato regime.
I due maggiori partiti italiani oggi godono di potenti supporti che li hanno trasformati in apparati molto solidi, difficilmente attaccabili, con a disposizione molto denaro del finanziamento pubblico ai partiti, con molto denaro pubblico di sostegno ai giornali, con a disposizione la RAI lottizzata,con il monopolio delle TV private di Berlusconi, con l’aiuto del Vaticano che con l’8 per mille e tutte le sue opere si inserisce nella realtà sociale e favorisce sempre la destra e la conservazione.

Chiedere la fine del finanziamento ai partiti, la fine di quello all’editoria, l’abrogazione dell’8 per mille ai preti, l’impossibilità per qualunque soggetto (pubblico o privato) di possedere più di un canale televisivo, il ritorno della RAI lottizzata a servizio pubblico (senza pubblicità, con il direttore generale, con ogni potere, eletto dai cittadini che pagano il canone), sono obiettivi essenziali per passare alla democrazia,dopo che siamo stati per 30 anni sudditi delle oligarchie economiche, politiche, ecclesiali.
Altri strumenti indispensabili alla democrazia e alla partecipazione attiva dei cittadini sono: una nuova legge elettorale, il referendum propositivo, togliere ai referendum abrogativi la mannaia del 50% più uno della partecipazione del corpo elettorale, la regola tassativa della ineleggibilità in tutte le cariche pubbliche dopo due legislature (che è il più forte anticorpo contro Caste, professionisti a vita della politica, cricche) per un costante rinnovamento dei rappresentanti del popolo.

Questa che agli occhi dei più sembrerebbe una rivoluzione o una dichiarazione di guerra, non è altro che il passaggio dalla dittatura dei poteri forti (mafie comprese), alla democrazia vera, aperta e partecipata
Chiunque fosse in grado di chiedere agli italiani un consenso su questo programma di “ingresso in democrazia” potrebbe contare sul consenso di quel 57% di persone perbene che sono andate a votare nell’ultimo referendum e si innescherebbe una rivoluzione culturale virtuosa capace di cambiare in profondità il nostro paese, la nostra classe dirigente e il nostro modo di pensare.

Se continueremo a votare per una sinistra che non esiste o per l’uomo della provvidenza i problemi non saranno mai risolti e ci ritroveremo con i Berlusconi e i D’Alemoni di turno.
Paolo De Gregorio
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