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Tra l'Iri e i Tronchetti
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Autore Messaggio
Zeus News
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MessaggioInviato: 17 Set 2006 15:47    Oggetto: Tra l'Iri e i Tronchetti Rispondi citando

Commenti all'articolo Tra l'Iri e i Tronchetti
La terza via tra le partecipazioni statali e un capitalismo straccione e inconcludente.
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ioSOLOio
Amministratore
Amministratore


Registrato: 12/09/03 18:01
Messaggi: 16342
Residenza: in un sacco di...acqua

MessaggioInviato: 17 Set 2006 16:42    Oggetto: privatizzare è giusto, ma con regole e doveri precisi Rispondi citando

Prodi, come gli altri quando si son trovati nelle condizioni di decidere, ha fatto diverse scelte discutibili dal punto di vista finanziario, anche con la Cirio.

Ma complessivamente [senza scendere in politica] stavolta ti quoto praticamente tutto..

solo una considerazione aggiuntiva....quella che potrebbe essere la terza via

quando lo stato privatizza beni statali vendendoli a privati, beni costruiti con i soldi dello stato, beni che sono anche e sopratutto servizi pubblici per tutti i cittadini, dovrebbe semplicemente -oltre che pensare a vendere per fare cassa- anche impostare la vendita con delle clausole precise per far si che il compratore ottemperi a certi doveri.

Se io privato vado a comprare una casa, la posso pagare a rate ma se per qualche motivo non pago, perdo il bene.
Se affitto e non pago, posso essere sbattuto fuori.
Idem dovrebbe essere fatto quando si privatizzano alcuni servizi pubblici fondamentali.

Autostrade è stata venduta con l'indirizzo preciso che l'acquirente entro tot tempo investisse una certa cifra nel mantenimento e miglioramento della rete. Lo ha fatto ? No. Anzi, ha cercato di vendere a terzi per guadagnare due volte da una medesima cosa: dopo averla comprata pagandola con i soldi della società acquisita e tentando di rivenderla senza aver ottemperato agli accordi, cioè senza aver speso nulla.

Telecom è stata (s)venduta sostanzialmente allo stesso modo. A mr Colaninno dell'epoca, che certo un gran piano industriale non aveva.
E da li di mano in mano una volta privata c'è stato poco da fare, ancorchè si fosse voluto.

Dopo che la frittata, pardon la vendita è stata conclusa, a poco serve recriminare sui manager e imprenditori all'italiana che non "imprendono" un bel niente se non comprare a poco e con soldi di terzi un bene per trarne immediato profitto per se.
Discutibile quanto si vuole, ma si muovono nelle loro scelte (di comprare, vendere, spezzare, ricomporre, non investire, ecc.) nel rispetto delle regole.
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maroc
Semidio
Semidio


Registrato: 29/03/05 21:22
Messaggi: 213

MessaggioInviato: 17 Set 2006 17:50    Oggetto: rimettere mano alla legge draghi sulle privatizzazioni Rispondi citando

è il caso di dire telecom come olivetti.e di rimettere mano alla legge draghi sulle privatizzazioni.

la separazione societria operatore -wholesale deve essere fatta per bene.è uinuitile che mantengno significative partecipazioni incrociate, pur non avendo quote di controllo.

idem una telecom operatore che possiede un 20-30% della società proprietaria della rete, controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti, non garantisce dalle influenze di stranieri sulle tlc italiane.

un crediotre potrebbe chiederre un convertendo del suo debito in azioni della wholesale, entrando comunque in possesso del 20-30%dell società..(più quiello che potrebbe raccogliere da prestiti a concorrenti di telecom)
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fuffo
Eroe in grazia degli dei
Eroe in grazia degli dei


Registrato: 02/09/05 18:28
Messaggi: 111
Residenza: Roma

MessaggioInviato: 17 Set 2006 21:42    Oggetto: Il grande bluff Rispondi citando

Tronchetti scarta 2 fanti, ma si tiene gli assi Idea
Abbiamo letto e sentito molte opinioni sul piano di scorporo di T.I. della Rete Mobile e della Rete d?Accesso. Le più vicine al vero, forse sono queste: le cessione di Tim è motivata dalla necessità di far cassa (ma è giustificata ? l?uscita da Olimpia di Hopa di Gnutti e delle Banche deve essere subito ripianata ? forse Hopa si, ma le Banche ? ho i miei dubbi), mentre lo scorporo della Rete d? Accesso, ma sempre sotto controllo T.I., serve non solo a rendere più trasparente l?accesso a tutti gli Operatori e meno vincolante per la stessa Telecom (ma siamo ben distanti dal progetto di ?Agenzia per le TLC?, che dovrebbe essere al di sopra delle parti, TUTTE: compresa la parte commerciale di T.I, come auspicata dalle frange di sinistra della coalizione di maggioranza) ma specialmente a evitare la requisizione da parte dello Stato ? Il vero nocciolo della questione, è che T.I. avrebbe scorporato SOLO UNA PARTE della Rete telefonica: la Rete d?Accesso è una componente immensa e costosissima, ma comprende solo i cavi che raccolgono gli utenti fino alla loro centrale, ma non comprende la stessa centrale e soprattutto non comprende la rete che collega tra loro le centrali. Questa rete, pur più piccola per dimensioni e valore della Rete d?Accesso, è strategica perché tecnologicamente molto avanzata, anche se negli ultimi anni si è speso poco per ampliarla e manutenerla. Le centrali, che gestiscono solo la fonia, cioè le telefonate, pur facendo ancora moltissimo traffico, in tempi abbastanza brevi (una decina d?anni?) saranno superate dalle nuove abitudini degli utenti, man mano che troveranno più comodo e più economico parlare tramite il computer: già ora, gli utilizzatori di PC più smaliziati non usano più il telefono e utilizzano varie alternative (Sky., Jaj. ecc.). E comunque, anche altri grossi operatori (Wind-Infostrada, Albacom) hanno già le loro centrali. Invece, la rete tra le centrali è indispensabile per collegare tra loro anche gli stessi host-server dei fornitori di servizi (ISP) : se con la cosiddetta ?liberalizzazione? dell?ultimo miglio si consente a un fornitore di servizi di raccogliere con velocità e semplicità i propri clienti, e collegarli alle proprie macchine, è ovvio che queste macchine non possono contenere tutte le informazioni del mondo, né tenersi aggiornate, se non sono collegate alla ?grande rete web?. Tra l?altro, questa rete di raccordo non è solo quella ?a lunga distanza? che collega i grossi centri, come cita Tolardo (gestita fino a circa il 1991-92 dallo Stato, tramite l?A.S.S.T), anzi è ben più grande quella che raccorda le centrali in area urbana e regionale (quelle che gestiva SIP). Inoltre, dentro questa parte di Rete che non si cita, risiede tutta la parte intelligente della rete: i sistemi informatici, sempre più e meglio interconnessi tra loro, che gestiscono tutto, dalla Rete ai Servizi. E' sul silenzio su questa parte di Rete, che T.I. si vuol tener ben stretta, che si spiega il perché il C.d.A. non ha avuto nulla da ridire alle esposizioni del Tronchetti Primavera e di Benetton, evidentemente era più che d?accordo ?

Comunque, l?altra faccia della medaglia: non è detto che un controllo diretto dello Stato, se fosse anche di tipo economico, sia una grande garanzia di evoluzione tecnologica. Lo Stato è l?Azienda con il più alto deficit: può avere grosse difficoltà ad intraprendere grossi (o anche medi) investimenti, che annualmente si aggirano su qualche miliardo di euro. Nel passato, la SIP era costretta ad anticipare di suo i collegamenti tra le grandi città, perché l?A.S.S.T aveva troppi legami ed era lenta, troppo lenta. Anche se fu lo Stato, a utilizzare per primo le tecnologie trasmissive più moderne (l? SDH). Se invece lo Stato avesse un controllo puramente figurativo delle prestazioni, che garanzie offre lo Stato in capacità di analisi e orientamento del mercato? Crying or Very sad
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{Antonikku}
Ospite





MessaggioInviato: 18 Set 2006 13:47    Oggetto: I Criteri di Gestione Rispondi citando

Diceva un mio vecchio Professore che la differenza non era da ricercare nella proprietà pubblica o privata delle aziende: se vanno male è solo perché vengono gestite male e molto spesso sono gestite male perché si perseguono obiettivi che con l'azienda non hanno niente a che fare (leggasi interessi personali contrastanti con quelli di redditività e di contnuità di una sana azienda).
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{Iso}
Ospite





MessaggioInviato: 18 Set 2006 17:10    Oggetto: Uffa! Rispondi citando

Ero al bar di via della Vignaccia quando, una mattina, saranno state le 8:30, la barista dimostrò di saperne più di tutti noi e ci informò che Olivetti si sarebbe comprata TELECOM. Non potendo che essere altro che scettico liquidai la cosa come una sciocchezza e andai a una riunione a Valcannuta. A ora di pranzo, seppi, stavolta, dalla cassiera della mensa, che anche il telegiornale aveva annunciato l'imminente scalata.
Avevo visto passare pletore di dirigenti e per la prima volta dopo anni e anni sentivo che Bernabé aveva ottenuto di ridare a me, e ad altri, un orgoglio di appartenenza che avevo dimenticato e forse mai avuto. Nonostante questo, nei giorni che seguirono non mi capitò di ascoltare altro che peones, come me e tanti, tanti altri, che vagheggiavano una sorta di vendicatore armato di spada fiammeggiante e avrebbe fatto piazza pulita di una pletora di dirigenti incapaci e arroganti.
Meno di un anno dopo nacque Wind e cominciò il primo esodo. Tra i primi a partire molti di quei peones che, evidentemente, cercavano riparo sotto l'ampio ombrello dell'impresa pubblica, rincorrendo, né più né meno, lo stesso piatto in cui avevano appena finito di sputare.
Qualche anno dopo, era giunto il 2000, nel frattempo, lasciai anch'io l'azienda. Avevo capito di dovermi arrendere e tentare un'altra strada: cambiavano la proprietà e i vertici, non i criteri di gestione. Nel frattempo i colleghi rimasti avevano visto la cassa integrazione, il mobbing sfrenato, scivoli a più non posso e premi e incentivi elargiti in modo (in)comprensibile come sempre.
Forse un po' di memoria e di sana autocritica non farebbe male. La memoria servirebbe a tracciare una storia realistica di questo paese e a capire perché i Rizzoli, gli Olivetti, i Pirelli, i Ferrari, non ci sono più e perché gli Agnelli hanno saputo conquistarsi una fama immeritata, da dove arrivano i De Benedetti, i Tronchetti (e perché il doppio nome), i Colaninno e gli Gnutti. E perfino come ha fatto il figlio di un apparentemente modesto impiegato di banca a diventare l'uomo più ricco del paese. Forse apparirebbe anche evidente il filo sottile che legava i grandi boiardi dell'impresa pubblica, da Mattei a Prodi, passando per Bernabei.
Una modesta opinione io me la sono fatta e invito tutti a riflettere: qual è la generazione al potere? Dov'erano quando al potere erano gli uomini di cui sopra? Non erano per caso in strada a fingere di essere "di sinistra"? A decretare la morte della meritocrazia? La dignità è morta allora, perché un uomo con un minimo di dignità non si sentirebbe perseguitato percependo stipendi principeschi e dando al contempo dimostrazione di totale incapacità gestionale oltre che imprenditoriale.
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{Cristiano}
Ospite





MessaggioInviato: 27 Set 2006 22:38    Oggetto: - Rispondi citando

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{francesco dalla*o}
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MessaggioInviato: 01 Ott 2006 23:34    Oggetto: - Rispondi

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